La scelta di filtri per astrofotografia, ideati per contrastare l’inquinamento luminoso rispetto alla posizione dalla quale si fotografa, è una domanda che mi viene posta veramente molto spesso. È importante però comprendere perché sia complicato rispondere in modo chiaro.
Sul mercato esistono molti marchi che a loro volta producono tante tipologie differenti di filtri utili in astrofotografia, ognuno con le sue caratteristiche che lo abbina a tecniche differenti di fotografia astronomica.
Qual è il filtro migliore per voi? Forse la risposta più sensata è la stessa che do a volte per la camera astronomica: quello che usate più spesso.
Si, lo so, in questo modo è facile rispondere, non sempre si ha la possibilità di poterne provare diversi per fare un confronto e i filtri per l’inquinamento luminoso costano anche parecchio e richiederanno un certo tipo di investimento da parte vostra. Quindi come si fa a scegliere il filtro giusto?
Io vivo in un’area abbastanza inquinata (Bortle 5, SQM 19.64 circa) e per me la lunghissima esposizione è complicata. Il rischio è quello di ottenere delle immagini completamente bruciate in un tempo relativamente breve (superiore ai 15 minuti di scatto).
La prima differenziazione quindi che vi presento è quella tra filtri a banda larga e filtri a banda stretta, con una variante intermedia.
I filtri a banda stretta sono ottimi per fotografare oggetti del cielo profondo da cieli inquinati, poiché la lunghezza d’onda della luce che li attraversa senza essere bloccata è molto stretta e limitata all’emissione luminosa della nebulosa che ci interessa, lasciando fuori ogni altra sorgente.
Questi filtri in sostanza bloccano tutto lo spettro che non sia direttamente identificabile con l’oggetto nebulare del profondo cielo, generalmente composto da idrogeno ionizzato e parti minori di altri gas.
I filtri a banda stretta più famosi per l’astrofotografia lasciano passare singolarmente le emissioni di: idrogeno ionizzato (H-alpha), ossigeno ionizzato (OIII) e zolfo ionizzato (SII).
Questi tre gas, scelti dalla NASA per le immagini realizzate dal telescopio spaziale Hubble, sono tre elementi diffusi nelle nebulose ad emissione che vi permetteranno di ottenere una tricromia (un’immagine a colori) che rappresenti gran parte del materiale presente nella nebulosa.
Questi filtri a banda stretta funzionano per qualunque oggetto del profondo cielo? Non proprio.
Esistono oggetti con una emissione luminosa a banda larga, come ad esempio le galassie, gli ammassi e le stelle in generale. Su questi oggetti del profondo cielo non otterrete un guadagno particolare utilizzando filtri a banda stretta poiché i filtri stessi fanno una sottile selezione della luce passante che è ben più stretta rispetto all’emissione luminosa dell’oggetto in questione.
In sostanza i filtri a banda stretta sono in grado di sopprimere ampie parti dello spettro riducendo la luce da fonti a banda larga. Se il nostro scopo è fotografare un oggetto composto da idrogeno ionizzato, eliminare tutto il resto dello spettro andrà a nostro vantaggio, ma se stiamo fotografando una galassia che emette la sua luce su uno spettro molto ampio, l’utilizzo di un filtro a banda stretta andrà a nostro discapito.
Quindi per galassie, ammassi e stelle in generale è preferibile utilizzare filtri a banda larga, proprio perché l’emissione luminosa di questi oggetti copre un’ampia porzione dello spettro.
Su oggetti invece che emettono su linee d’onda precise è possibile utilizzare filtri selettivi che esaltino l’ingresso di quella frequenza escludendo il resto.
Semplice, no?
Per non complicare una discussione destinata ai neofiti evito di entrare troppo nel dettaglio, ma sappiate che eliminare da un’immagine tutto quello che non sia trasmesso da idrogeno, ossigeno o zolfo, andrà inevitabilmente a togliere sfumature e colori naturali alle stelle presenti nella vostra inquadratura, che emettono invece su uno spettro luminoso ben più ampio di quello concesso da questi tre filtri.
Le immagini in banda stretta vengono infatti anche definite a falsi colori. Potrete ottenere fotografie incredibili con questo metodo e potrete farlo anche da cieli pesantemente inquinati, tenendo però conto di questo “limite” nella rappresentazione dei colori.
Esistono però anche filtri per astrofotografia a banda larga
Filtri cioè che lasceranno passare gran parte dello spettro andando ad eliminare soltanto precise frequenze corrispondenti alle più diffuse lampade per l’illuminazione pubblica presenti nelle nostre città: sodio ad alta e bassa pressione e mercurio (il LED merita una nota speciale a parte).
Se fotografate da zone non eccessivamente inquinante, o se volete fotografare un oggetto che emette su un ampio spettro, un filtro di questo tipo servirà ad ottenere delle buone immagini degli oggetti del profondo cielo, preservando la fedeltà cromatica rispetto ai colori naturali presenti sulla scena.
Ho deciso quindi di presentarvi una sequenza dei filtri più diffusi sul mercato attraverso i vari marchi e disponendoli in ordine rispetto al taglio che effettuano sullo spettro elettromagnetico: dal più largo al più stretto.
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