Formatore e fotografo professionista specializzato in astrofotografia e fotografia notturna. Nel 2019 premiato in Parlamento per le attività di divulgazione della fotografia astronomica. Lavoro come fotografo e formatore per aziende, professionisti e appassionati.

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Astrofotografia: quanto segnale integrare?

Astrofotografia: quanto segnale integrare?

Quanto segnale bisogna integrare in astrofotografia per ottenere un buon risultato? Dipende da moltissimi fattori, scopriamoli insieme!

Durante i miei workshop di fotografia astronomica per principianti c’è sempre qualcuno che tutte le volte mi chiede quanto bisogna integrare in astrofotografia per ottenere un buon risultato.

Ovviamente stiamo parlando non dell’imaging planetario, non di fotografia paesaggistica notturna con via lattea dove si lavora quasi in single shot e magari si fa una panoramica. Stiamo parlando di astrofotografia deep sky oppure di astrofotografia a largo campo dove si prevede di fare una sessione di scatti tutta uguale e più o meno lunga, fatta appunto di tante fotografie che saranno poi sommate con software specifici per ottenere una sola fotografia.

A che cosa serve sommare le fotografie? Quando si fa fotografia astronomica serve a migliorare il rapporto segnale rumore.

Si fanno tante fotografie tutte uguali perché più si sommano immagini insieme e più il nostro segnale finale, cioè quello che vogliamo fotografare, la nebulosa, la galassia, aumenterà di qualità. Invece il rumore andrà via via attenuandosi, rendendo la nostra fotografia più morbida.

Quando ai corsi mi fanno questa domanda è sempre molto difficile riuscire a dare una risposta che duri in meno di mezz’ora. Quanto segnale devo integrare e quindi fotografie da acquisire sul campo per ottenere un buon risultato in astrofotografia?

Dipende dal soggetto, ovviamente ci sono soggetti più o meno deboli: galassie, nebulose riflessione, nebulose ad emissione, ammassi globulari, planetarie, supernova remnant. A seconda di quello che vogliamo fotografare conteranno la sua posizione nel cielo e la sua magnitudine. Riusciremo così con più o meno facilità a raccoglierne la luce.

Dipende dal limite del nostro cielo.

Ognuno di noi rispetto al luogo da cui fotografa ha un limite del proprio cielo oltre il quale è inutile continuare a integrare materiale perché il miglioramento della qualità diventerà davvero difficile da notare. C’è un limite oggettivo del nostro cielo: non mi aspetto nelle mie riprese da Maranello di avere un cielo profondo e trasparente come quello del deserto del Cile.

Dipende dall’inquinamento luminoso perché a seconda della posizione dell’oggetto nel cielo potrebbero entrare nelle immagini delle dominanti, mascherando in parte il soggetto. L’inquinamento può metterci in difficoltà fino alla situazione in cui saremo obbligati ad utilizzare dei filtri a banda stretta per cercare di filtrare dalle nostre fotografie questa fonte luminosa.  Montando filtri a banda stretta dovremo però allungare le pose delle nostre fotografie, integrare più segnale per ottenere qualcosa di buono.

Dipende dalla sensibilità dello strumento.

L’efficienza quantica che possiede un sensore, cioè l’efficienza nel rilevare fotoni (e quindi utilizzarli), rispetto al totale di quelli incidenti, è molto variegata sul mercato, dove si può trovare dalla reflex più comune fino alle camere astronomiche più prestanti.

Ogni sensore ha una diversa efficienza quantica, una diversa sensibilità in generale dello strumento di acquisizione di poter raccogliere la luce che riceve, e ovviamente se il vostro sensore raccoglie il doppio della luce di un altro, riuscirà ad ottenere lo stesso risultato nella metà del tempo. Tipicamente le reflex hanno una efficienza quantica più bassa delle camere astronomiche. Sono incapaci quindi di utilizzare una grossa parte della luce che ricevono. Questo non è un problema per la fotografia tradizionale diurna, mentre in astrofotografia è un parametro molto rilevante.

Poi dipende se la vostra reflex tradizionale è modificata per vedere l’H-Alpha, l’idrogeno ionizzato, il materiale più presente nell’universo e quello che compone principalmente tutte le nebulose ad emissione che vogliamo fotografare nella nostra galassia. Se una reflex non è modificata farà molta fatica a scolpire i dettagli di queste nebulose, il filtro che elimina l’infrarosso nella vostra reflex eliminerà la quasi totalità del segnale che arriva da parte dell’idrogeno ionizzato, non è impossibile ottenere comunque una fotografia, ma è molto più difficile e il risultato per quanto si vada ad integrare di più non sarà comunque equivalente.

Astrofotografia: quanto segnale integrare?

In generale quanto segnale dobbiamo integrare in astrofotografia? Il più possibile!

Possiamo anche dire che serve un numero di scatti minimo, consigliabile almeno una ventina, affinché gli algoritmi di somma dei software di astrofotografia possano mediare le vostre fotografie in modo efficace. Probabilmente se avessi mezz’ora a disposizione potrebbe essere più sensato fare tante fotografie da pochi minuti piuttosto che tre sole immagini da 600 secondi.  

Dipende anche se utilizzato una camera astronomica oppure una reflex.

Non cambia soltanto l’efficienza quantica, ma le camere per deep-sky sono anche raffreddate. Avrete una gestione del rumore molto più efficace di quella che potreste avere con le comuni reflex.

Con una camera astronomica come la ASI 294, che è molto sensibile, ottengo dal mio cielo scatti gradevoli integrando tre-quattro ore di segnale: poco! Molto meno di quanto non potessi fare una volta con la mia reflex Canon 600D modificata.

Credo che ognuno degli astrofotografi che pratica con regolarità questa bellissima forma di fotografia si fermi ragionevolmente di fotografare ad un certo punto in base al proprio cielo, ma spesso subentrano anche altri fattori. Il primo fra tutti oggi credo sia la mancanza di tempo libero. In altri casi ci si ferma di fotografare perché subentrano nubi si è costretti a smontare tutto il setup, si perde magari qualche giorno e nel frattempo la Luna sorge e così la sessione viene o conclusa o rimandata.

Sta di fatto comunque che più si integra e meglio è, fermandosi ad un certo punto quando l’aumento di segnale non è più così rilevante.

Dovreste effettivamente fare diverse prove e vedere rispetto al vostro cielo e al setup, dopo quanto il guadagno di segnale inizia a calare drasticamente. Chiaro che chi dispone di ottimo cielo potrà ridurre drasticamente il numero di pose e la quantità di segnale necessario per ottenere una buona immagine.

Un’altra cosa da fare sempre per avere un’ottima fotografia astronomica risultante è quella di fare dark e flat.

Infine dovrete affinare sul campo la vostra capacità di acquisizione. Ricordatevi che la post-produzione, se acquisite dei buoni file ed imparerete ad acquisire delle buone immagini sul campo, sarà ridotta all’osso. Ritrovandovi con un grezzo già buono la vostra post-produzione diventerà estremamente corta e semplice, si tratterà soltanto di calibrare e magari alla fine aumentare un po’ la nitidezza dell’immagine e poco altro.

In ultimo se volete ottenere un buon risultato:

non abbiate paura di eliminare le immagini vendute male o mosse.

Le immagini con le stelle allungate eliminatele, non abbiate paura di perdere del segnale già acquisito se poi il segnale è cattivo e va a rovinarvi l’intero risultato.

Quanto segnale integrare per ottenere una buona immagine di astrofotografia? Quanto più riuscirete, ci si può limitare non soltanto ad una sera ma si può fotografare lo stesso soggetto per più sere, per diverse settimane e addirittura a distanza di anni.

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Vivete la fotografia astronomica nella misura e nel modo in cui vi piace viverla e rispetto al tempo che avete e diventerà un’esperienza indimenticabile.


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