Che cos’è il backfocus in astrofotografia e quando è corretto per avere la giusta distanza per migliorare i nostri risultati fotografici.
Stai iniziando a fare astrofotografia e ti sei accorto che le stelle si deformano sul fotogramma man mano che ci si allontana dal centro?
Hai acquistato un correttore di coma, o uno spianatore (o uno spianatore/riduttore) ma il problema non si è risolto del tutto?
Il backfocus è uno di quegli argomenti che crea confusione tra gli aspiranti astrofotografi. Sulle mie comunità Telegram e Facebook l’argomento esce così spesso che ho pensato di ricreare qui una breve sintesi per chiarire alcuni concetti che possano essere di rapida consultazione per ogni principiante.
Quando sentiamo per la prima volta il termine backfocus applicato all’astronomia amatoriale comprendiamo subito che sia in qualche modo legato alla distanza del sensore fotografico dal telescopio e che determini risultati fotografici migliori o peggiori.
Spianatori e Correttori di coma, a cosa servono?
Se stiamo utilizzando un telescopio e un sensore fotografico senza lenti di correzione, come spianatori o correttori di coma, è probabile che ci basti andare semplicemente a fuoco con il focheggiatore per ottenere la giusta distanza. Dovremo quindi distanziare il sensore della nostra camera quel tanto da riuscire ad andare a fuoco nella corsa messa a disposizione dal focheggiatore. A seconda dei casi potrebbe servire qualche prolunga, mentre in altri potremo distanziare la camera molto poco. Tutto dipende chiaramente dalle differenti caratteristiche di camera e ottica (distanza del sensore nella camera stessa, corsa del focheggiatore, ecc).
In questa immagine vi mostro la generosa distanza da raggiungere in un RC 8 per andare a fuoco. Questi strumenti offrono di solito un campo corretto per un formato almeno APS-C senza l’utilizzo di correttori. In questo caso quindi trovare la distanza sufficiente per andare a fuoco è tutto ciò che serve per fare astrofotografia.
Ovviamente il discorso non vale se aggiungiamo un riduttore/spianatore talvolta disponibile come accessorio per questi strumenti.
Ma questa situazione non vale su tutte le ottiche
Nell’astrofotografia deep sky siamo spesso obbligati ad aggiungere spianatori o correttori di coma alla nostra ottica affinché le stelle rimangano puntiformi su tutto il campo inquadrato dal sensore. Vale senz’altro per i newtoniani e per i rifrattori che non includano già internamente uno spianatore.
Con questi strumenti è normale che la forma delle stelle si allunghi man mano che ci allontaniamo dal centro dell’inquadratura se non aggiungiamo un elemento di correzione. Inoltre la varietà di sensori che il mercato ci offre può inquadrare una porzione di campo più o meno grande rispetto all’intera proiezione dell’ottica. Senza spianatore o correttore di coma ci troveremmo quindi un formato fotografico più o meno grande dove gli effetti di deformazione sulle stelle saranno più o meno evidenti.
Aggiungere un correttore di coma o uno spianatore che possa garantire una correzione del campo adeguata al formato del sensore in uso è quindi l’ideale per fruttare l’intero campo inquadrato dal sensore ed evitare svantaggiosi crop in fase di sviluppo.
Quindi quanto è importante che questa distanza sia precisa?
In astrofotografia il backfocus deve essere preciso quando aggiungiamo elementi di correzione come spianatori e correttori di coma. In effetti il backfocus indica proprio la distanza tra l’ultimo elemento ottico (di correzione) e il piano focale, ovvero il punto dove la luce viene focalizzata e dove quindi dovrà trovarsi il nostro sensore.
Questi elementi di correzione composti da lenti devono avere perciò una precisa distanza dal sensore fotografico per garantire una correzione adeguata. Se poniamo il sensore più lontano o più vicino dall’elemento di correzione ci ritroveremo con delle immagini non perfettamente corrette. Le stelle quindi allontanandosi dal centro dell’inquadratura tenderanno a deformarsi nonostante la presenza di un elemento di correzione.
Un po’ come quando usiamo una lente per leggere una scritta troppo piccola e ci accorgiamo che per ottenere il giusto effetto di ingrandimento dobbiamo tenerla a una distanza precisa dal nostro occhio.
Per rappresentarvi visivamente gli effetti di un backfocus non corretto in astrofotografia ho costruito un’immagine con Photoshop che rappresenta il modo in cui noterete la deformazione stellare sulle vostre immagini.
Per onestà intellettuale vi riporto l’idea originale dove anni fa vidi questa immagine, realizzata da Helmut Eichler e diffusa da OPT. Vi linko anzi l’interessante articolo sul backfocus che contiene sia l’immagine, sia un’analisi che contribuirà a chiarirvi le idee a riguardo.
Qual è il backfocus corretto per me?
Premesso che probabilmente domandarlo al vostro rivenditore di fiducia sarà sempre il percorso più veloce per sapere che distanza di backfocus dovrete raggiungere nel vostro setup, la misura di 55 mm è spesso una distanza “standard” di backfocus dei vari spianatori e correttori. In molti casi è la distanza totale indicata da raggiungere e per ottenerla dovrete tenere conto intanto di quanto il sensore sia rientrato rispetto alla camera stessa. Il backfocus è una proprietà dell’ottica, ciò nonostante dobbiamo considerare i millimetri che separano il sensore dalla parte frontale del case della camera. La distanza restante da colmare andrà poi da quel punto fino all’ultimo elemento di correzione del correttore di coma o dello spianatore. Ovvero l’ultima superficie del correttore o spianatore (verso il sensore) escluso il filetto di fissaggio.
Se si utilizza una comune macchina fotografica mirrorless o reflex i 55 mm li si ottiene di norma con l’anetto a T necessario per agganciarla al correttore. Con le camere astronomiche CMOS invece dovremo utilizzare alcune prolunghe. Anche qui non c’è uno standard assoluto negli accessori che troviamo già nella confezione delle camere astronomiche. Di norma con ZWO troverete già tutto il necessario nella confezione (prolunga da 21mm + prolunga da 16.5mm). Con QHY dovrete presso procurarvi le prolunghe a parte (dipende comunque sempre dal bundle della camera).
Come modifico il mio backfocus?
Ricordo che come grafico struttura seguivo spesso la messa a macchina dei file che realizzavo da incidere a CNC e laser su alluminio e bachelite. In laboratorio per piazzare l’alluminio sulle macchine i tecnici usavano spessori ricavati da semplici fogli di carta, poiché i comuni fogli hanno uno spessore di un decimo di millimetro e sono piuttosto precisi.
Nella maggior parte dei casi vi capiterà di dover aumentare il backfocus. Questo perché la presenza ad esempio di un filtro fotografico nel tratto che separa correttore e sensore ci richiede di allungare il backfocus. La convergenza della luce subisce infatti un leggerlo “rallentamento” a causa del filtro. Senza metterci a calcolare l’equivalente spessore da aggiungere, che dovrebbe essere uguale a circa 1/3 dello spessore del vetro del filtro fotografico, ci possiamo munire di alcune rondelle di carta ritagliate da comuni fogli di carta e fare le prove di scatto per trovare la distanza ideale.
Spesso i produttori di camere inseriscono anche rondelle già pronte nella confezione delle loro camere astronomiche, proprio perché questi piccoli aggiustamenti sono quasi sempre necessari se si vogliono massimizzare le prestazioni di un setup per astrofotografia.
Le semplici rondelle di carta potrebbero anche servirvi solo come strumento per determinare la distanza complessiva necessaria e successivamente rimpiazzarle con materiali più resistenti e definitivi.
E se non fosse il backfocus il problema?
Argomento interessante ma che si presta a un altro futuro breve articolo è quella serie di casi dove notiamo deformazioni alle stelle man mano che ci avviciniamo alla cornice ma non risolvibili modificando il backfocus.
Talvolta ci capita di notare l’effetto di deformazione verso un lato dell’immagine più pronunciato che verso il lato opposto. Attenzione, è comune che nei nostri setup il centro ottico non cada sempre esattamente al centro del sensore e con un backfocus non perfetto potremmo avere effetti apparentemente diversi sul campo. Se il campo non è inquadrato esattamente “al centro” e se non abbiamo modo di modificare lo shift del sensore, è normale notare l’imprecisione del backfocus non perfettamente uniforme sul fotogramma. Ad ogni modo questo caso resta comunque risolvibile identificando la corretta distanza di backfocus.
Potremmo però talvolta avere problemi di tilt del sensore (o del focheggiatore) che inclinando il piano ottico porterebbero ugualmente a disuniformità di correzione sul campo.
In questi casi quindi non sarebbe un problema di backfocus da correggere, ma di inclinazione del piano. Comprendere ed escludere l’una o l’altra causa non è sempre immediato e richiede prove dirette. Se avete un dubbio partirei senz’altro facendo prima le piccole correzioni al backfocus che permettano di capire se il problema sia o meno risolvibile. E come sempre ogni caso specifico, se difficile da risolvere, andrebbe visto direttamente e affrontato con le dovute prove per identificare e sistemare ogni imprecisione.
“Il corretto backfocus in Astrofotografia“