Cosa sono e a cosa servono i filtri per astrofotografia amatoriale deep sky in ultra banda stretta Ha OIII e SII da 3nm e 3.5nm? Questo genere di filtri si sta diffondendo a macchia d’olio negli ultimi anni tra gli astrofotografi. C’è un’utilità oggettiva che ne giustifichi la spesa considerevole? Quali pregi e quali difetti dovrei conoscere prima di acquistarli? Posso usarli su camere a colori?
Partiamo da qui: perché una banda ancora più stretta?
Più selezione = più contrasto.
Concetto banale. Durante uno scatto in banda larga, lasciando quindi passare la totalità dei fotoni o quasi (a seconda che si utilizzi un filtro a banda larga per ostacolare le tradizionali fonti di inquinamento artificiale), dobbiamo immaginare di riempire un secchio con tante palline di un’infinità di colori. Se supponiamo che la nostra sessione fotografica si stia dedicando a una nebulosa a emissione, allora possiamo anche prevedere che questo oggetto astronomico “emetta” la maggior parte della propria luce su poche frequenze specifiche, identificabili nei principali ingredienti chimici che la compongono. Pochi colori quindi per caratterizzare la maggior parte della nebulosa, ma fotografando in banda larga l’alta varietà di palline colorate sarà offerta da tutto ciò che complessivamente si trova nell’inquadratura: le stelle, altri elementi minori della nebulosa, eventuali altri oggetti di diversa natura presenti nel campo.
L’idrogeno ionizzato H-Alpha è per lo più il componente principale delle nebulose a emissione e insieme all’ossigeno terzo e allo zolfo ionizzato SII, possiamo immaginare di raccogliere spesso gran parte dell’emissione totale della nebulosa. Ecco perché la banda stretta su questi oggetti astronomici è così efficace, ed ecco perché si tratta però soltanto di una questione di contrasto.
Se alterniamo davanti alla nostra camera astronomica una serie di filtri selettivi (o montiamo un singolo filtro multibanda stretta), tutto quello che andiamo a fare è bloccare la maggior parte delle palline colorate, permettendo il passaggio di pochi colori specifici.
Nel secchio quindi, alla fine del nostro scatto in banda stretta, non troveremo un numero maggiore di palline di ossigeno, idrogeno o zolfo rispetto a quelle che avevamo raccolto durante la posa in banda larga. La differenza è che nel primo secchio la varietà di colori ci impediva di distinguere a colpo d’occhio le palline dell’Ha o dell’OIII, poiché mescolate a un’infinità di altri colori. Nel secondo secchio invece, nonostante troveremo pochissime palline in totale, tutte (o quasi) saranno dei colori selezionati dai filtri. Soltanto quindi una questione di maggior contrasto.
Da qui un potenziale problema di rapporto segnale / rumore con filtri molto selettivi
Cosa succede se andiamo a limitare molto la banda passante decidendo di montare una tricromia in banda stretta da 3 nanometri, invece di una tricromia più aperta?
Teoricamente il numero di fotoni che concorrono a definire la nostra immagine finale sarà minore, andando quindi a “coprire” meno l’insieme dei disturbi e costringendoci ad adottare due soluzioni per garantirci risultati fotografici di buon livello. Allungare la posa dei nostri scatti e/o aumentare il diametro. Si ritorna sempre lì. Vogliamo raccogliere più pioggia? O restiamo più tempo sotto la pioggia e/o allarghiamo il bacino di raccolta. Entrambe le soluzioni non sono mai scontate e potrebbero prevedere non solo maggior cura e stabilità del nostro setup, ma anche l’acquisto di strumentazione più ingombrante e costosa. E non entro nel merito degli effetti che il rapporto focale del telescopio ha su filtri selettivi, perché apriremmo un altro capitolo potenzialmente infinito.
Quindi posso usare filtri in ultra banda stretta soltanto su diametri abbondanti?
Prima di utilizzarli per la prima volta ne ero certo. Dubitavo di poter ottenere qualcosa di buon con il mio newton da 200mm di diametro, sul quale avevo utilizzato soltanto filtri Baader e Optolong in banda stretta “tradizionale”, compresi quindi tra 7 e 8.5 nanometri. Poi, iniziate le prove fotografiche con i 3.5 nanometri, ottengo questo:
Era metà maggio 2020 quando iniziai a testare i filtri Antlia da 3.5 nanometri appena messi in vendita. La prima proposta sul mercato dell’astronomia amatoriale di filtri in ultra banda stretta a prezzi più abbordabili delle alternative già presenti. Prima di questa Hubble Palette sul Muro del Cigno trovate nel mio portfolio anche un bicolor HOO e le fotografia dei singoli canali.
Con la premessa che questo oggetto a metà maggio è molto basso e dal mio punto di osservazione è immerso nelle luci della città di Modena, rimasi molto colpito da una pulizia che non avevo mai ottenuto prima in banda stretta a parità di condizioni, ma con i tradizionali filtri più aperti.
Nell’immagine qui sotto trovate un crop al 150% del formato.
Da quella prima esperienza decisi di iniziare a utilizzare questi filtri, ma convinto a volerli dedicare comunque ad un diametro abbondante, furono probabilmente responsabili in qualche misura dell’acquisto recente della EQ8R-Pro sulla quale ho potuto montare un newtoniano da 300mm di diametro.
Oggi sul mercato troviamo filtri per astrofotografia in ultra banda stretta sia da 3nm che da 3.5nm
E per la fortuna degli astrofotografi diverse marche stanno iniziando a proporre la propria versione della tricromia, andando a riempire un listino che offre prodotti su diverse fasce di costo, per accontentare un po’ tutte le tasche.
Tra il 2020 e il 2021 queste sono alcune delle immagini che ho realizzato con diversi filtri in ultra banda stretta da 3 e 3.5 nanometri. Tutti con camere astronomiche CMOS monocromatiche. Potete aprirle a pieno schermo dal portfolio selezionando il gruppo del filtro che vi interessa.
I filtri in ultra banda stretta su diametri piccoli
Negli esperimenti dell’estate 2021 ho poi voluto valutare quali potessero essere i risultati fotografici applicando questi filtri molto selettivi su diametri contenuti. Scattando sempre con sensori monocromatici, ho realizzato queste immagini con l’Askar 200.
Di seguito trovate anche il filmato di YouTube dove vi racconto l’esperienza con quest’ottica per astrofotografia e gli esperimenti in ultra banda stretta:
Quindi se possiamo usare filtri selettivi su diametri ragionevoli, ma potremmo sperimentarne l’utilizzo anche su piccoli diametri (sfruttando il sottocampionamento, la lunga posa e l’integrazione), quali sono i limiti di utilizzo di filtri in banda stretta da 3 o da 3.5 nanometri?
Personalmente li utilizzerei con camere monocromatiche. Per quanto siano già presenti in rete ottimi esperimenti di utilizzo anche con sensori a colori. A fronte della notevole selezione operata dai filtri personalmente non mi giustificherei il costo d’acquisto in prospettiva di un uso su OSC (camere a colori). Non è quindi impossibile ottenere buoni risultati, ma consapevoli che utilizzarli su sensori con filtro di Bayer introduce ulteriori difficoltà nei risultati, personalmente (e questa è proprio soltanto una mia sensibilità personale) non mi giustificherei i costi notevoli di una tricromia da 3nm sapendo di doverla utilizzare su camere a colori.
Per affrontare almeno in parte i motivi di questa mia preferenza, che non tratterò per esteso qui, potreste dare uno sguardo all’articolo: “Astrofotografia in banda stretta con camere a colori”.
Le mie considerazioni finali?
Trovo molto interessanti i filtri in ultra banda stretta. Personalmente li ho adottati e sostituiti alla tricromia tradizionale subito dopo averli provati. Nel mio caso con una postazione fissa, la possibilità di integrare tanto e l’accesso a diametri abbondanti, questa è una scelta che a oggi rifarei subito.
Come scrivevo qui sopra vi consiglio di utilizzarli su sensori monocromatici e di essere cauti a montarli su diametri piccoli. Se la teoria vi sconsiglierebbe di farlo, i miei esperimenti pratici mi hanno portato comunque buoni risultati, ma sono il primo a consigliarvi di goderveli a pieno su diametri dai 200 mm in su (se utilizziamo strumenti a specchi con ostruzione).
Una selezione così stretta aiuterà anche chi si trova in condizioni di fortissimo inquinamento luminoso artificiale, o vi permetterà di scattare in condizioni di intensa luce lunare. Restando condizioni non ideali per l’astrofotografia deep sky, con questi filtri otterrete però un contrasto che vi permetterà di realizzare immagini più pulite rispetto all’utilizzo di filtri più aperti a parità di condizioni.
Non pretendo di esaurire tutti gli argomenti e le molteplici sfaccettature alle quali l’astrofotografia ci pone sempre di fronte su qualsiasi argomento, ma ci tenevo a raccontarvi le mie principali sensazioni e indicazioni sull’uso di questi filtri per astrofotografia deep sky.