Fotografare la Nebulosa Testa di Cavallo in astrofotografia può riservare diversi livelli di difficoltà e di risultato: oggi parliamo dell’HDR. L’esperienza che vi porto oggi è il racconto di un’immagine realizzata con una camera CMOS monocromatica, la ASI 294M, con diverse ore di scatti a differenti esposizioni.
Partiamo dall’immagine. Quello che vedete è un Ha:Oiii:RGB HDR, dove ho utilizzato un bicolor HDR in banda stretta composto da idrogeno e ossigeno ionizzati come luminanza principale, integrando poi la sessione RGB a banda larga per recuperare i colori persi nell’acquisizione selettiva.
Ho iniziato a fare astrofotografia perché desideravo più di qualsiasi altra cosa poter fotografare la nebulosa Testa di Cavallo, un panorama della nostra galassia che mi ha sempre affascinato tantissimo.
Nel 2020 ho inaugurato l’inizio delle fotografie al cielo invernale dedicandomi proprio a questa zona, scattando per 6 notti (distribuite su 12 giorni) e realizzando un totale di quasi 34 ore di fotografie buone.
L’immagine credo si avvicini ai limiti di trasparenza del mio cielo, non è un’immagine confrontabile con chi ha possibilità di fare lunghe sessioni da cieli bui, ma sono soddisfatto.
La base di luminanza è stata fatta integrando poco meno di 24 ore di H-Alpha e Oiii, con una sessione HDR in H-Alpha e Oiii per recuperare i nuclei stellari di Alnitak e delle altre stelle più luminose. Successivamente ho dedicato due notti all’acquisizione in banda larga con singoli filtri RGB, raggiungendo un totale di circa 33 ore e 40 di immagini selezionate.
Perché fotografare la Nebulosa Testa di Cavallo in HDR?
Ci capita in generale di bruciare i nuclei stellari quando esponiamo a lungo per registrare bene le ombre. Ci sono però casi dove stelle molto grandi potrebbero peggiorare sensibilmente l’aspetto complessivo della nostra fotografia finale.
Pensate a Gamma Cassiopeiae:
Oppure a 52 Cygni:
E in questa classifica di stelle maligne non poteva certo mancare Alnitak! Il faro nella notte vicino alla nebulosa Testa di Cavallo.
Quando il nostro sensore non è in grado di digitalizzare tutta l’estensione della gamma dinamica presente nella scena, finiremo inevitabilmente per bruciare le luci. Ovviamente sarebbe ancora più grave preservarle andando a sottoesporre neri e ombre, poiché è lì che si trova l’oggetto deep sky da fotografare. Sarà sufficiente però aggiungere una sessione di scatti a esposizioni brevi per una corretta registrazione dei bianchi. Andando poi a montare in PixInsight un HDR che produrrà un’immagine con il meglio dei due master, potendo rappresentare così l’intera estensione della gamma dinamica originale.
PixInsight utilizzerà il master a pose brevi soltanto per riparare le parti bruciate del master a lunga posa.
Capite quindi bene che non serve acquisire sul campo ore e ore di scatti a tempi brevi, poiché di quel master finale verranno utilizzati soltanto i nuclei stellari, zone quindi con un rapporto segnale rumore estremamente elevato.
L’immagine sopra è l’HDR del canale H-Alpha, integrando cioè con il process HDR Composition di PixInsight i due master H-Alpha realizzati con tempi e gain differenti. Mentre dovrete integrare molto nella sessione “tradizionale” a lunga posa, esponendo correttamente le ombre e trascurando l’eventuale bruciatura dei bianchi, nella sessione di pose brevi faremo il contrario. Dovremo infatti realizzare pose brevi che non brucino i bianchi e potremo integrare un’ora o due soltanto.
Integrando gli HDR di H-Alpha e Oiii ho ottenuto questa immagine bicolor:
Nulla da dire sulla luminanza e su una stella Alnitak davvero gradevole, ma i colori di un bicolor risentono molto della selettività cromatica. Così ho concluso la serie di acquisizioni raccogliendo altre immagini con filtri a banda larga R, G e B. Nell’unione all’immagine bicolor, ho utilizzato l’RGB a banda larga soltanto come crominanza.
Ed ecco quindi ottenuta la nostra immagine finale, con una buona rappresentazione dei colori e anche dell’ampia gamma dinamica.
Parlerò meglio dell’HDR in un articolo dedicato, ma ricorda: l’HDR è rapido da realizzare sul campo e migliorerà notevolmente la tua immagine finale. Storicamente gli esempi più famosi sono sulla Grande Nebulosa di Orione e sulla galassia di Andromeda, ma perché non farlo ogni volta per ripristinare i nuclei stellari? A voi la scelta!